Scheda tecnica – allegato A –
NUOVI PARADIGMI
In questo momento di crisi globale straordinaria possiamo cogliere l’occasione di un obbligato reset economico, monetario, produttivo e geopolitico per superare il vecchio paradigma e adottarne uno più sostenibile, auspicabile e vitale.
Se non ora quando? E’ il momento di superare i dogmi e i frame di pensiero che hanno messo a dura prova l’equilibrio ambientale ed economico del pianeta.
Per uscire da un paradigma occorre carpirne i tratti essenziali, onde evitarli nel nuovo, e poi bisogna immaginare il nuovo modello che si vuole sposare, tutti insieme.
Il vecchio modello è anti-distributivo, basato sulla scarsità artificiale della moneta nell’economia reale, dove circola unicamente nella forma di debito da rimborsare scrupolosamente a entità finanziarie anonime, all’apice della piramide.
Il nuovo invece è distributivo, non più gerarchicamente organizzato in piramide, bensì in cerchio, con una moneta non debito, ma cassa, e controllata sin dalla sua creazione dai membri della comunità.
Il vecchio modello è materiale, parte da una concezione della moneta metallica e mercantile, concezione mai mutata, neanche con il mutare dei supporti successivi, cartaceo, elettronico e poi digitale: se la moneta si digitalizza, rimane pur sempre concepita come una merce da negoziare, da cedere e da comprare.
Questa è la visione insita nella fisica classica, prima delle straordinarie scoperte della fisica quantistica che hanno dimostrato al mondo che la materia, nelle sue più piccole particelle, è anche frequenza/energia, e che il futuro è determinato dallo sguardo (esperimento della doppia fenditura). Così è la parola, così è la moneta, simboli che non misurano, non designano, ma veicolando una visione del mondo, co-creano la vita. Lo sguardo determina la vita.
Il vecchio modello affonda le sue radici nel mors tua vita mea di storico ricordo, che è stato formalizzato dal matematico Nash in teoria dei giochi con il “Fuck your Buddy”, formalizzato nella contabilità con il do ut des piramidale e falsato dalla casta, sancito nei trattati UE e nelle teorie economiche accademiche con il dogma della “concorrenza”.
Il nuovo paradigma invece guarda alla cooperazione come a una forma di intelligenza superiore in cui prevale l’effetto win-win, (vita tua, vita mea) l’unica forma sostenibile per l’umanità e il pianeta, sancisce la moneta nominale, senza bisogno di riserva, cassa liquida immediata, valida per convenzione sociale.
Il vecchio si basa su uno Stato persona giuridica il cui anonimato costituisce uno schermo per persone in carne ed ossa che possono approfittare della loro posizione per ottenere vantaggi e privilegi negati ai più. Nel nuovo paradigma lo Stato è comunità, è la somma di persone che si identificano nella comunità e che hanno ben presente che donare alla comunità è come donare a sé stessi: il loro essere membri della comunità gli conferisce i diritti umani, e i doveri di inverare quei simboli a tutela della loro persona.
Dobbiamo costruire un modello in cui tutti si sentano e siano tutelati in quanto la vita, e gli umani in quanto viventi, hanno valore intrinseco: non l’oro, sono loro da mettere al centro della moneta, destinatari e agenti della stessa, e non sottostanti come nel vecchio paradigma.
Oggi di fronte a una devastante emergenza sanitaria che ha preso immediatamente anche la forma di un gigantesco shock economico, scopriamo che il vecchio modello era del tutto inadeguato: ci porta alla morte. Potenzialità di cambiamento proprio oggi si stanno palesando, oggi che il mondo sgomento si interroga sulla sua sopravvivenza. L’emergenza sanitaria in qualche modo sta colpendo tutti contemporaneamente e questo potrebbe anche scardinare le certezze che apparivano più incrollabili.
Sul cambio di paradigma in Italia
L’Italia in quanto ombelico del mondo morirà o rinascerà. Con il suo rinascimento salverà il mondo. A noi incombe una responsabilità straordinaria: quella di indicare al mondo il nuovo paradigma.
Non è un caso che siamo il paese più colpito al mondo, non solo dal virus, ma anche dalle restrizioni alla libertà, dalla posa del 5G, e in questo momento in cui al governo stanno predisponendo la nostra resa incondizionata, l’impatto delle misure sta avendo effetti drammatici su tutto il paese, che ha chiuso il 90% delle sue attività (mentre in Francia il 60% funziona ancora).
Solo misure drastiche potranno sortire gli effetti e indicare quel rinascimento, senza aspettare niente dall’Europa né dagli altri paesi.
Questo è il momento di ignorare i vincoli, adesso che tutti lo fanno – se non ora quando? Questo è il momento di fare aiuti di Stato per mettere al riparo i nostri asset strategici nazionali e per riprendere quelli indebitamente svenduti ai privati: se non ora quando?
Adesso che la Von der Leyen ha definito sospesa la politica degli aiuti di stato e il Patto di stabilità e crescita, e che tutti i paesi del mondo in coro hanno dichiarato un whatever it takes per salvare le proprie economie, i propri cittadini e le proprie aziende: se non ora quando?
Le soluzioni contenute nel Piano di Salvezza Nazionale vanno considerate come necessarie, urgenti e attuabili in via unilaterale.
Tali soluzioni sono incentrate nella consapevolezza che il rilancio della produzione passa da una concezione diametralmente opposta a quella dell’austerity.
Una adeguata gestione del nostro ingente risparmio[1] consentirebbe da un lato di proteggerlo fin da subito dall’instabilità finanziaria e dalla normativa del bail-in che mette a rischio anche i depositi, dall’altro lato di sostenere la crescita dei redditi indirizzandolo in attività produttive che creino lavoro.
[1] Secondo Rapporto AIPB-CENSIS ad ottobre 2019 si rileva 4.200 miliardi di euro di patrimonio investito in attività finanziarie.